I cardinali Krajewski e Steiner hanno celebrano i funerali, nella cappella di Santa Monica, del senzatetto brasiliano assistito quotidianamente dall’Elemosineria vaticana. Scomparso ad agosto a causa di una malattia, per motivi burocratici verrà sepolto dopo due mesi a Prima Porta. Aspirante poeta, chiedeva ai volontari solo quaderni. L’elemosiniere: “Non si presentava benissimo ma nel colonnato era come un angelo che indicava la via ai fedeli che si recavano in Basilica”.
Da anni dormiva per strada «attaccato al muro» del colonnato di San Pietro. Per cibo e vestiti aveva perso interesse da tempo, l’unica cosa che chiedeva ai volontari che andavano a portargli i pasti erano quaderni. Fogli bianchi e puliti per appuntare le poesie che gli venivano in mente osservando il via vai di turisti, pellegrini, fedeli che ogni giorno transitano nella piazza «cuore della cristianità», che forse «lo giudicavano» vedendolo in quelle condizioni, ma ai quali lui mostrava la strada per la Basilica. «Come un angelo che indica la via», ha detto il cardinale elemosiniere Konrad Krajewski, celebrando questa mattina, 15 ottobre, le esequie dell’uomo,
Due cardinali, quindi, per dare l’ultimo saluto ad uno dei tanti poveri della zona San Pietro. José Carlos è morto ad agosto nell’ospedale San Carlo di Roma. Una cirrosi epatica lo aveva malridotto al punto da non riuscire neppure a muoversi: «Lo accompagnavamo all’ambulatorio sotto il colonnato, ma aveva i giorni contati», ricorda don Roberto Cherubini, sacerdote della Comunità di Sant’Egidio. Per le solite trafile burocratiche, solo dopo due mesi è possibile dargli sepoltura. Verrà seppellito oggi al cimitero romano di Prima Porta.
Questa mattina nella cappella a pochi passi da San Pietro, c’erano una trentina di persone tra volontari di Sant’Egidio e Unitalsi, le Missionarie della Carità e la congregazione coreana delle Sorelle di Kkottongnae di Gesù, alcuni ragazzi che hanno accompagnato la liturgia con canti alla chitarra in italiano e portoghese e, naturalmente, i compagni di strada di José. «Suore, amici e volontari», come era scritto sul nastro viola che raccoglieva la corona di fiori rossi e gialli poggiata sulla bara in mogano.
Seduta tra le prime file c’era anche suor Elaine Lombardi, religiosa delle Missionarie di Sant’Antonio Maria Claret, forse quella che ha conosciuto più da vicino José Carlos. Sarà per la comune provenienza, sarà perché la suora, come racconta, era rimasta colpita da questo signore «che non aveva nessuna esigenza». «Io volevo fare sempre qualcosina in più. Sai, era brasiliano come me… Però mi diceva: “Sorella, non ho bisogno di niente. Lo dia agli altri, mi porti quaderni”. Era un poeta, un cuore buono».